Tuesday 30 December 2014

Di questo e quello

Palazzo Vecchio - Firenze (acquarello, autore ignoto)

Avrei voluto intitolare questo post 'Di quanto mi manca l'Italia, ma non gli Uffici pubblici, la burocrazia e le istituzioni', ma era troppo lungo.
Ma partiamo dall'inizio. Io e daddyJohn ci siamo sposati l'anno scorso in fretta e furia per questioni non d'amore. Essendo presi dalle questioni per cui ci siamo sposati (il visto per andare in US), ci siamo totalmente scordati di cambiare lo stato civile all'ambasciata italiana. Nessuno si è preoccupato di ricordarcelo e quindi il tempo è passato senza conseguenze di sorta. Poi è nato il piccolo Fabio-terremoto. Fabio è americano grazie allo ius soli e ha ottenuto il passaporto italiano all'ambasciata di Houston senza problema alcuno. Se non che, un giorno ricevo una chiamata dall'ambasciata che mi dice che Fabio non può essere iscritto all'anagrafe di Firenze (mio ultimo comune di residenza, sennonché casa, sennonché città più bella del mondo) perché si richiede di iscriverlo come figlio legittimo di una coppia che non risulta legittimamente sposata.
Ops... il certificato di matrimonio non è arrivato in Italia. E che ci vuole direte voi? Portalo all'ambasciata. Ok... lo porto. Prendo e vado e mi dicono che serve l'apostilla (bollo), che però deve provenire dall'AIRE di Londra. Posso farlo abbastanza semplicemente per posta, ma dato che ho già il volo per Firenze penso (stolta): 'e che ci vorrà? lo faccio direttamente in Italia'. Stolta...  
A Firenze, una volta rinvenutami, piglio i figlioli, li monto in macchina e vado all'anagrafe, dove mi comunicano che loro non fanno di certo trascrizioni di atti di matrimonio, tanto meno se avvenuti all'estero. Devo chiamare l'AIRE di Firenze. Chiamo e la signora al telefono, che è proprio quella che ha contattato Houston e sa tutto di me, dopo avermi fatto il riassunto della mia storia, di cui ero già a conoscenza, essendo mia, mi dice che probabilmente devo fare la trascrizione tramite AIRE, ma che già che sono qui posso provare a Palazzo Vecchio - Ufficio nascite, morti e matrimonio. Se a Palazzo Vecchio mi facessero storie, mi consiglia provare a Trabia (provincia di Palermo, ultimo comune di residenza di daddyJohn), perché magari, sai com'è, a Trabia rompono meno, specie se ci mando mio marito, ex-residente e siciliano... vabbè...
Chiamo Palazzo Vecchio e mi dicono che, ora non sono aperti di certo, ma che lo fanno sì, basta riempire un modulo.
Il giorno dopo prendo i figlioli e vado a Palazzo Vecchio, dove una signora molto gentile mi porge il modulo, ma mi dice che non me lo possono registrare di certo il certificato, perché è in inglese e ci vuole una traduzione giurata. Cosa sia esattamente una traduzione giurata lei non lo sa (figurati io) e tantomeno sa chi me la può fare.
A questo punto la mia calma zen si incrina e iniziano a volare le madonne, sotto il Davide che mi guarda di sbieco. Chiedo a un po' di amici, mi danno il numero di un notaio. La segretaria non lo sa di certo se il notaio fa le traduzioni giurate e il notaio ora non c'è, sta andando a Prato. Chiamo a Prato, ma il notaio non c'è, sta venendo da Firenze. La segretaria non lo sa di certo, ma glielo chiede e mi richiama. Il notaio fa traduzione giurate alla modica cifra di 150 carte - o meglio la traduzione la fa te e lui la firma. Intanto cerco su google 'traduttori giurati Firenze'. Ne trovo uno, chiamo, spiego. Mi dicono che posso portare il certificato il martedì e che il venerdì mattina è pronto di certo e lo posso direttamente portare a Palazzo Vecchio chiudendo la questione.
Il martedì prendo i figlioli e, speranzosa, torno in centro. La traduttrice giurata mi dice che non ce la fa di certo per il venerdì. Lei, certo, la traduzione la farebbe in 3 giorni (anche perché ci vogliono 10 minuti, compreso il tempo di accende il PC),  ma deve andare in tribunale a mettere l'apostilla e ci vogliono 7 giorni lavorativi. Al che io dico che nessuno a Palazzo Vecchio ha mai parlato di apostilla, ma solo di traduzione giurata. La traduttrice non lo sa di certo se ci vuole o no l'apostilla, loro l'apostilla, che costa di 16 euri e allunga i tempi di una settimana, la mette perché non si sa mai. Sul  perché non si sa mai mi si è definitivamente tappata la vena, complice la somma molestia dei figlioli, decisamente annoiati da tutti questi giri per uffici.
Che significa, perché non si sa mai? Ci vuole o non ci vuole questa cazzo di apostilla?
Richiamo Palazzo Vecchio li su due piedi e  il primo operatore non lo sa e mi passa il secondo, il secondo non lo sa e prova a passarmi la terza che però è occupata e sarà libera non prima di mezz'ora. All'Ufficio nascite, morti e matrimoni del comune di Firenze, nessuno sa (a parte la signora occupata, forse) se per registrare un certificato straniero di nascita, morte e matrimonio ci vuole o non ci vuole una minchia di apostilla, la quale di solito viene messa comunque, perché non si sa mai.

Me ne vado, trascinandomi dietro figli ululanti che placo solo con una tortina di frutta molto grande con molte fragole e molto piena di crema pasticciera. Non sono riuscita, con 3 viaggi in centro e 6 o 7 telefonate, a registrare il mio certificato di matrimonio.

Friday 26 December 2014

Quarta tappa: FIRENZE

la più bella del mondo

O forse dovrei dire Toscana. O asse tosco-ligure. Ma di fatto mi sono installata a Firenze e quindi per me la quarta tappa è stata Firenze.
Per me la quarta tappa è stata casa.
Sì lo so che non sono nata a Firenze e nemmeno ci ho fatto le scuole. Sì John, ti sento già puntualizzare che non sono di Firenze, cosa che ami fare ogni qual volta chiunque mi chieda da dove vengo. Dopo quasi 10 anni che me ne sono andata, me ne importa poco assai di dove sono nata e dove ho fatto le scuole: per me Firenze è davvero casa. È la città dove sono diventata adulta, dove, per la prima volta in vita mia, mi sono sentita completamente libera e che avevo scelto come città per la vita. A Firenze ho comprato la mia prima casa, investendo ogni centesimo di risparmio. A Firenze ho studiato per diventare la figura professionale che sono, ho cercato di restare a lavorare e di creare una famiglia (anche se la vita poi aveva per me altre idee). A Firenze ho la maggior parte delle persone che, senza ombra di dubbio, chiamo Amici (sì, proprio Amici con la A maiuscola).
E, come alcuni fiorentini D.O.C., born and bred, hanno convenuto, quando torno, torno a Firenze, quindi posso essere a buon diritto naturalizzata fiorentina.
A Firenze non ho la famiglia, che è al momento spersa fra Toscana e Liguria e che ho visitato spesso, o almeno per quanto le forze e i virus me lo hanno reso possibile.
Quest'anno a Firenze ho fatto quello che avrei fatto se non me ne fossi mai andata. Sono stata con i miei amici, quasi sempre, ed è stato bello constatare che i figli dei miei amici ora sono amici di mia figlia. Lei se li ricordava dallo scorso anno, li ha riscoperti e non se li dimenticherà. E, come me, li li ritroverà di nuovo la prossima volta, sempre li, nella città più bella del mondo. Il tempo a Firenze vola via sempre troppo veloce, fra una cena, un aperitivo, un pranzo e una bega da risolvere. Un mese è passato in un soffio e è stato tempo di partire per la meta successiva. Questa volta passerà assai prima che possa di nuovo camminare per le vie del centro e quindi dovrò accontentarmi di portarla con me, con l'aiuto di WhatsApp e dell'italiano della Bianca, costellato, finalmente, da a me mi piace, il mi' babbo e si va di qui e di lí. Mi aiuterà a ricordare che da lì provengo e lì per sempre tornerò, anche se non per sempre.
Ah, ho anche litigato con le istituzioni, ma questa vicenda verrà forse narrata in un post a se stante.

Sunday 30 November 2014

Terza tappa: Genova

Sono dieci giorni che non aggiorno lo so, ma come metto piede in Italia inizia una danza di pranzi, cene, merende, chiacchiere, aggiornamenti e inviti che, insieme alle due pesti, non mi lasciano molto tempo libero. Anche la mancanza in casa della wifi non aiuta, perché odio scrivere dal telefono. Ma si farà di necessità virtù, perché alcune impressioni vanno bloccate sulla carta a caldo.
Genova ci ha accolto assolata e tiepida nella veste di mia sorella, che ci ha recuperato all'aereoporto munita di focaccia e estathè. Siamo stati solo quattro giorni, ma sono stati giorni densi di aggiornamenti, chiacchiere, sorrisi, trofie al pesto e fagiolini, insozzamenti vari sotto vari tavoli e passeggiate in salita e discesa. Sono stati giorni impregnati di schiamazzo di cugini.
Cugini lontani un mondo intero ma che, non si sa come, si son trovati come se si fossero visti l'altro ieri. 
Genova è stata aria di casa anche se in verità non è casa di nessuno. È stata famiglia. È stato constatare che questa tournée è valsa la pena ogni secondo, nonostante la stanchezza, la mal gestione a tratti della prole, quello piccino sul fuso del texas e quella grande con orari e pretese da teenager. È valsa la pena, non fosse altro che per ascoltare quel tramestio gioioso di cugini. 

Thursday 20 November 2014

Seconda tappa: OXFORD

colazione all'aereporto

Dalla lista iniziale ho sicuramente spuntato
-giro su south bank
-vedere il maggior numero di amici nel minor tempo possibile, ma riservare loro tempo di qualità (qualunque cosa significhi)
-birre&pubs
e tutte quelle cose che mi premeva fare in UK. Compreso comprare il liquidino delle lenti da Boots. Tappa obbligatoria da Primark per acquisto essenziali wellis e altre minchiate fatta, in tempo per scoprire che anche Primark è afflitto dalla piaga di Frozen.
I bambini si sono comportati decorosamente, a parte una serie di urla e rotolate in mezzo alla high street di Oxford per mancato acquisto di ennesima minchiata della suddetta piaga. Una scena decisamente poco British, però considerando quanto li ho sballottati, un po' me la sono cercata.
(Per inciso, la nuova frontiera europea dello scontro madre-figlia è mettersi addosso qualunque cosa in più di calze e maglietta. La sottoscritta madre non ha banane e quindi ha adottato la tattica 'sbatacchiaci la testa e rompitela' e la lascia uscire mezza nuda con 3C. Poi si veste.)
Devo dire che ho molto apprezzato Oxford, che di solito non mi è mai piaciuta un granchè. Si vede che l'astinenza da città che sia una città e non una distesa di alberi, strade e case cresciute qui e li, era maggiore di quanto sembrasse.
Ho adorato anche stare dalla mia amica a Oxford, che mi ha dato un sacco di belle notizie e che non sento quasi mai, ma che che UK sarebbe senza di lei.
Poi la scorsa notte alle 3 e mezzo siamo partiti, io, i bambini e le valigie, e abbiamo attraversato le alpi in una giornata così chiara e tersa che mi ha fatto ricordare che il Bel Paese è proprio bello e che mi manca tanto.

Sunday 16 November 2014

Prima tappa: LONDON

kew gardens
Due bambini, due valigie, un trolley, un trunky, una borsa viaggio e una borsetta di Cath Kidston, un seggiolino della macchina, due braccia e un Ergo baby come solo aiuto dopo il check in.
Quasi nove ore di volo, due di pianto nelle orecchie, una vomitata addosso, un magnifico outfit gentilmente donato dalla British airways, quattro ore di sonno in totale in due notti.
Un amico sorridente all'aeroporto, una casa accogliente e una amica ospitalissima. 
Amici ritrovati di grandi e piccini, autobus presi, parchi bagnaticci rivisitati, pranzi al pub con tanto di pinte, un inglese ascoltabile nelle orecchie. 
Altri amici da salutare, altri posti del cuore da rivisitare, altre pinte da bere.
Londra è sempre Londra, sempre un'emozione grande, sempre un po' casa.



Wednesday 5 November 2014

Quasi pronta

Sono quasi pronta. Fra una settimana, io, la Bianca e Fabiolino ci avventureremo in una gita in Europa che si preannuncia tutto un programma. Partiremo da Houston e voleremo a Londra dove staremo una settimana, passando anche per Oxford. Poi andremo in Italia, dove toccheremo svariate amene località toscane e non. DaddyJohn ci raggiungerà poco prima di Natale e tutti insieme andremo in Sicilia con la nostra macchinina C3 che è stata abbandonata un anno fa in un campo.
Dalla Sicilia torneremo a Londra per un'altra settimana per poi tornare in qua e iniziare una nuova fase della nostra vita.
Cosa mi aspetto da questo pellegrinaggio

  1. il freddo
  2. scroccare cene in cambio di mutande di Victoria's Secret, peanut butter e sciroppo d'acero
  3. un numero adeguato di birre in pub degni di questo nome
  4. un po' di vita in famiglia
  5. del bricolage con le mie amiche del cuore
  6. un giro sul south bank 
  7. un saluto agli ex colleghi
  8. un giro veloce di shopping in posti fidati
  9. un numero adeguato di incontri con un numero altrettanto adeguato di amici
  10. un cacciatorino della Coop tutto per me (che l'anno scorso ero incinta)
Sarà una bella faticaccia ma ne sarà varsa a pena. Spero.

Monday 27 October 2014

Diario di una mamma autosvezzante/2

Mi sono fatta portavoce entusiasta del BLW per anni e lo sono ancora.
Non mi sono mai preoccupata che la B mangiasse abbastanza quando era piccola o che si strozzasse o cose così e mi sono gonfiata di orgoglio quando a poco più di un anno mangiava a tavola di tutto con la forchetta e il cucchiaio. Alla faccia di chi mi aveva dato contro. In tutta questa cosa del BLW, mi autostringo la mano per aver tenuto fede ai miei principi, nonostante lo scetticismo in famiglia, l'asilo a 7 mesi e la pompa per il latte nel bagno a lavoro.
Però quando l'anno scorso, di punto in bianco, la B si è trasformata in una gigantesca bega a tavola, ho iniziato a infilare una serie di errori e oggi che ho letto questo post di Andrea, mi si profilano tutti davanti uno più madornale dell'altro.
La frase 'se non assaggi, non lo sai' è stata detta e ridetta alla mia tavola, insieme a molte altre appartenenti alla sfera dei clichè gastronomici. Ho anche spesso offerto la forchetta con il cibo già infilzato della nuovo pietanza appena cucinata, puntualmente rifiutata.
È così facile cadere nella trappola del gioco di potere genitore/figlio, del vergognarsi del figlio riottoso, del sentirsi giudicati pessimi genitori. Questa cosa del BLW, che comunque continuo a ritenere un successo nel mio caso, per me è stato un po' come cosa succede dopo il lieto fine di qualunque favola abbiate letto. Un po' come vedere la principessa sfavata perchè le smancerie del principe azzurre le hanno, tutto sommato, un po' rotto le palle. Il lieto fine per la mia piccola BLWer è stato intorno all'anno e mezzo - due...
Adesso le cose vanno assai meglio, anche se non sono tornate ai fasti di un tempo, ma se solo mi fossi fermata a riflettere che baby led weaning è baby led anche se il baby è alto un metro e parla due lingue, sarei stata una madre migliore.



Saturday 25 October 2014

Free to a good home

Il primo a partire è stato il Moses basket. Lo avevamo preso in una rara giornata di estate londinese, da una freecycler che viveva in una splendida casetta a Wandsworth, quando la mia pancia conteneva Jacopo, vivo, vegeto e scalciante. Mi ricordo addirittura come ero vestita. Erano le prime cose che iniziavamo a raccogliere. Quel giorno, io e John tornammo a casa con un sacco di accessori che non avremmo mai usato, a parte quel Moses basket. Quello fu conservato in un grande sacco nero, in un angolo nascosto, dietro il divano della nostra casa sul fiume a Eyot Gardens. Fu trasportato, un po' rattoppato, a Brentford. Pulito e profumato per accogliere la Bianca. Quando è stato il momento di traslocare oltreoceano, non ho avuto il cuore di disfarmene e me lo sono portato con me, insieme a un sacco di cose forse inutili. Fabio non e' mai stato particolarmente entusiasta di dormirci, quindi appena è diventato un poco stretto è stato passato a un'altra mamma propensa alla riduzione degli sprechi.
Poi è stata la volta della vaschetta. La vaschetta ha una storia diversa perché per Jacopo non prevedevamo di prenderla, visto come era fatta la casa. Arrivò invece insieme alla Bianca, a mia insaputa, con una mandata di oggetti che per lo più ho trovato inutili e mai usato. La vaschetta invece è stata parecchio utile. La Bianca ci ha sguazzato per oltre un anno, fino a che non ha imparato a farsi la doccia. Per Fabio invece era già inutilizzabile da un po',  perché il ragazzo è esagitato e adora sguazzare come un pesciolino e quindi per lui va già bene la vasca grande.
La sdraietta ci ha salutato l'altro ieri. Presa a pochi giorni dalla nascita della Bianca da un altro freecycler, ha salvato quasi tutti i miei pranzi a Londra, perché la Bianca adorava stare seduta a farsi dondolare e a guardarmi. Il fratello invece si scocciava dopo poco e adesso che sta seduto, si tuffa di sotto. Alla seconda capocciata è stato chiaro che anche la sdraietta aveva fatto il suo tempo. Ha continuato il suo viaggio in un'altra casa - Free to a good home è la formula che sono solita usare negli annunci.
Partiranno a breve altri sacchi di vestiti, la fascia da neonato e chissà quali altre cose che deciderò che non servono più. È triste e allo stesso tempo non lo è. Di sicuro è il segno tangibile dello scorrere del tempo e marca la chiusura - forse temporanea o forse no - di una fase della mia vita.

Wednesday 22 October 2014

Di quando una vorrebbe incenerire tutto il guardaroba

Quello che mi sto apprestando a scrivere è un post di gretta auto commiserazione, ma penso di averne bisogno.
Fare figli è indubbiamente meraviglioso.
Ritrovarsi il corpo che ci si ritrova dopo che i figli sono usciti, molto meno.
Non riesco a prenderla per il verso giusto. Hai voglia te a cercare di convincersi che il corpo porta i segni del miracolo della vita, che a una certa età che cosa ti aspetti, che se ti metti a dieta e ci lavori sopra magari riesci a tornare più o meno (più o meno) come eri. Io non me ne faccio una ragione, mi faccio schifo. Non mi compro nulla di vagamente femminile da un anno e quasi mezzo, anzi, non mi compro quasi nulla da allora, tanta poca è la voglia che ho di provarmi cose davanti a uno specchio. Di dieta non se ne parla, e non solo perché allatto, ma perché non credo di esserne capace. Fondamentalmente io ho fame e mi piace mangiare. Esercizio fisico ci provo, nei limiti del tempo e delle possibilità: sono stata qualche volta a capoeira, a fare power walking e in bicicletta. Faccio anche planking ogni tanto, ma per ritirare su la situazione, qui, serve esercizio costante e io non ho banane, spesso sono stanca e trovo scuse bieche per saltare il turno e i bambini intorno non sempre aiutano a vincere la pigrizia.
Oggi sono stata costretta da un evento non calcolato a acquistare qualcosa di un po' piu' delineato di un sacco e questo post ne è il tragico risultato.
Se qualcuno ha qualche idea di cosa si possa fare per sentirsi belli nonostante il cedimento dei tessuti, me lo faccia sapere, per piacere.

Friday 17 October 2014

Diario di una mamma autosvezzante

A questo giro mi tocca.
L'altra volta ho fatto la gnorri, ma oggi mi sento che anche questa esperienza va condivisa.
Disclaimer: lungi da me voler evangelizzare qualcuno! Questo è il mio blog e riporto solo cronache, pensieri e esperienze.
Come alcuni avranno intuito, il mio metodo di maternage non è completamente mainstream. Nemmeno troppo strano a dire il vero, ma qui oramai mi hanno etichettato come quella con le cose alternative. La mia alternatività si manifesta sopratutto nell'uso dei pannolini lavabili.
Quando però, all'ennesima raccomandazione di borsa porta-cambio munita di scomparti per biberon e pappette, ho dovuto annunciare che io pappette mai ne ho fatte in vita mia,  siamo entrati diretti come fusi in argomento Baby Led Weaning (BLW) / Autosvezzamento (AS). Allora si che tutti si sono convinti che sono alternativa e possibilmente matta.
In verità il BLW non ha nulla di alternativo. È il metodo di introduzione dei solidi più vecchio del mondo, quello che si usava prima che la società decidesse che alimentare un bambino equivalesse a medicalizzarlo (poppate a orari con tot di latte/latte artificiale/svezzamento precoce/baby food).
Nel BLW, quando un bambino mostra interesse per il cibo di famiglia, sta seduto senza aiuto e è capace di portarsi le mani alla bocca, gli si offre da mangiare. E lui, con calma, i suoi tempi, le sue capacità, mangia. O mangerà, quando sarà in grado di gestire il boccone e ingoiare.
No, non si strozza.
No, non lo so quanto ha mangiato.
No, non sostituisco la poppata e allatto ancora lo stesso numero di volte, che però non so quanto è perché allatto a richiesta e la richiesta  cambia a seconda del giorno.
Questa è l'intro.

Con Fabio da qualche tempo abbiamo iniziato.
Oggi spaghetti.
Questo è il risultato
Bimbo che mangia
Bimbo che ha mangiato
Se l'osservatore attento fa la sottrazione del numero di spaghetti sopra e sotto il seggiolone, può concludere quanto spaghetto/netto è andato in corpo.
Però lui si è tanto divertito.

Tuesday 14 October 2014

L'ignoranza è un bene

Di fronte a una nuova sfida, confronto, esame di sorta, il mio cervello funziona negando il negabile.
Non so nulla, non voglio sapere, non voglio andare, voglio restare nella mia beata ignoranza e nel torpore delle serie TV.
Questo stato di negazione persiste finché non si arriva alle porte con i sassi, quando lascia il posto a panico concitato e molesto, corroborato, di solito e per fortuna, da una discreta dose di produttività.
Poi il panico velocemente smonta in un misto di menefreghismo coatto e di delirio di onnipotenza in cui le frasi "m'importa una sega" e "sono imbattibile" si alternano, lampeggiando a caratteri cubitali davanti a due occhi, i miei, a quel punto iniettati di sangue e follia.

Questo circolo aureo si ripete per qualunque cosa debba affrontare, da un viaggio intercontinentale itinerante da sola con 2 bambini e 6 valigie, a un esame medico o un colloquio di lavoro. Se non altro il vantaggio è che sto (quasi sempre) tranquilla fino a che non è troppo tardi per tirarsi indietro e a quel punto che sono in ballo... ballo. Lo svantaggio è che quasi mai sono sufficientemente preparata a affrontare quello che mi si para davanti e questo fa si che debba spesso ricorrere a una buona dose di improvvisazione.
Tale dote mi ha salvato in passato in numerose occasioni, tipo alle interrogazioni al liceo, però mi pare con gli anni stia perdendo il suo smalto. Speriamo che non mi lasci a piedi nel prossimo futuro.

Di sicuro noto un cambiamento in questo incipit dei miei secondi 40 anni: il tempo di dimostrare per me è finito. A chi piaccio piaccio, a chi non piaccio pace. Sento che per me è arrivato il tempo di sedersi, gongolare e possibilmente godersela - pur rimettendosi in gioco, quello sempre.

Friday 3 October 2014

A volte bisogna sputare fuori veleno

"C'è un posto dentro te in cui fa freddo, è il posto in cui nessuno è entrato mai, quella che non sei"

Ho sempre pensato che queste parole di Ligabue mi descrivessero alla perfezione e non mi sono mai capacitata di come le persone che avevo più vicine non lo vedessero. Era così chiaro. Eppure le lacrime che puntualmente scendevano ogni volta che quella frase risuonava nell'aria, hanno sempre colto tutti di sorpresa.

Oggi ho letto un post che mi ha ricordato che quel posto, gelido, oscuro, sepolto chissà dove, è sempre lì e lì sempre sarà.

La mia mamma è morta che aveva esattamente la mia età, anzi no, qualche mese di più. Aveva 40 anni e 9 mesi. La mia età più il tempo che le ci era voluto a fare me. Ho sofferto tutta la vita la sua mancanza, come è ovvio che sia. Da quando però sono mamma, non faccio che pensare a come si debba essere sentita lei quando ha saputo che inesorabilmente non ci avrebbe visto crescere. Quella rabbia che alberga dentro di me da sempre, ha preso nuovi contorni e raggiunto nuove sfumature di nero.

L'anno scorso scrissi un post su come, inconsciamente, abbia sempre pensato che avrei subito lo stesso destino di mia madre. Lo penso sotto sotto anche ora e questo spiega molto del mio iper-cinetismo o della mia avversione verso i medici. Ma se solo sfioro il pensiero di dover lasciare i miei figli, sento che quel buco nero diventa una voragine immensa e senza fondo e ho paura anche solo a affacciarmici.

Eppure prima o poi dovrò prendere il coraggio a due mani e tuffarmici dentro, con la speranza di risalire e essere una persona migliore.

Tuesday 30 September 2014

Confusione

Mi sento confusa.
Ho rinunciato a fare piani anni fa quando ho capito che, nel mio caso specifico, i piani andavano sempre all'aria e questo mi creava uno stress insopportabile. Ho quindi smesso di pianificare e mi sono sentita meglio. Adesso però mi sento in un limbo che inizia a darmi fastidio. Non so se come e quando cercare lavoro, quale lavoro e di che tipo. Non so se dare via o no la roba di F perché non so se voglio o no insistere per provare a avere un altro figlio (l'ultimo giuro). Non so se questa girandola di potenziale maternità prolungata è compatibile con la ricerca di lavoro (non ancora definito). Non so se e quanto staremo a Houston e se ci piace davvero stare in USA, o se vogliamo tornare in Europa e dove o addirittura varcare i confini di un altro continente.
È tutto talmente confuso e vago che mi viene solo voglia di dormire.
Non so per quanto ancora posso dare la colpa alla prolattina di questo torpore mentale e fastidio per l'ignoto. Ho usato la parola fastidio, non paura, perché la paura mi è estranea in questo momento. Può sembrare delirio di onnipotenza, ma è la verità. Non ho paura, sono infastidita.
Arriverò a un punto in cui dovrò dare un senso alla mia esistenza odierna, ma cosa definirà questo punto davvero non lo so.
Quando in casa si parla della possibilità di spostarsi di nuovo, il sentimento principale è eccitazione, come se mi chiamassero per una nuova missione o avventura. Poi subentra anche la fatica del ripartire da capo, ma in tutta onestà è un sentimento secondario. Il primo è eccitazione.
Forse avrei dovuto vivere una vita del tutto diversa. Avrei dovuto partire per missioni brevi a giro per il mondo e tornare sempre a casa a Firenze. Questa forse sarebbe stata la vita che mi si addiceva.
O forse sarei dovuta nascere in un secolo diverso, maschio e fare l'avventuriero.


Monday 22 September 2014

Sull'obbedienza (o ubbidienza?)

I miei figli non sono la quintessenza dell'ubbidienza.
Quello piccino e' ancora piccino quindi non conta, ma quella grande di sicuro non fa tutto quello che le si dice. Questo suo atteggiamento "ribelle" mi ha messo assai in difficoltà in passato, specie quando la scenata anarchica si consumava in pubblico.
Per vincere lo sgomento, mi sono messa a riflettere. Intorno ai 2 anni i bambini crescono e iniziano a testare i propri limiti e il proprio raggio di azione. Questo si sa. Testano anche i genitori e fin dove può arrivare la loro libertà e potere decisionale. Fa parte della crescita e bisogna permetterglielo. Prenderlo di buon grado e rispettarlo. Il manuale vuole che si mantenga anche sempre una calma zen, si parli sottovoce, si abbracci e si comprenda il piccolo indemoniato che si rotola al suolo.
Però quando questi esperimenti di crescita, in passato, sono esplosi tipo in mezzo a un negozio, personalmente, seppur fossi consapevole, avrei voluto scavare una buca e seppellirsi lì, nel reparto junior. Avrei voluto scacciare tutti gli sguardi degli avventori che avranno pensato che pessimo genitore fossi, totalmente incapace di farmi ubbidire. Avrei anche desiderato che la figlia in crescita si trasformasse in un androide telecomandato e eseguisse a bacchetta tutto quello che le veniva ordinato.
Ne sono talvolta seguite scene insensate di cui risparmio il racconto e di cui poi mi sono magari anche vergognata.
Nelle pause riflessive di cui sopra, una volta sturatasi la vena, mi è però venuto da pensare che, più che la disobbedienza in sé, mi rompeva l'affronto all'autorità materna e, sopratutto, la figura di merda.
Focalizzati questi semplici punti, le volte successive, dopo un veloce ripasso del mantra inspira-pace interiore-espira, mi sono ripetuta che i figli non sono soldati e che il viaggio per diventare adulti consapevoli, capaci di decisioni indipendenti e maturi, passa anche per quella bizza in quel negozio. Allora le cose sono andate meglio e mi sono sentita di aver fatto qualche passo avanti sul come pormi di fronte a certe scene pietose.
Quella grande adesso è molto più "ubbidiente". Quando le viene chiesto qualcosa, se lo reputa sensato, lo fa senza replicare. Quando le viene detto un no, se la spiegazione la convince, lo accetta di relativo buon grado. Quando le si richiede aiuto, raramente lo nega. Quella grande adesso ha compiuto 3 anni e sta crescendo. Io respiro di sollievo. Fino alla prossima.
È molto lontana dall'ubbidire agli ordini come un soldato. Ma magari è un bene.

Saturday 20 September 2014

40 anni e non sentirli

Stanotte, per ignorare il fastidio provocato dallo scoccare di QUELLA mezzanotte, mi sono messa a leggere compulsivamente blog. E, cosa che non faccio mai, commenti ai post.
Sono incappata in una diatriba furiosa sul metodo Estevill sul blog di Nonsolomamma con attacchi e contrattacchi da parte di entrambe le fazioni. Attacchi e contrattacchi anche all'autrice del post, post che però è scritto in chiave ironica, non ha pretese di proselitismo ed è solo divertente.
Mi è quindi venuto da pensare un paio di cose abbastanza sconnesse fra di loro, come sono io a quest'ora e quest'età:
1) quando non c'ho più voglia di ragionare di Estevill si o no, poppe e pappe, nanne e affini,
2) quanto non sarei pronta a ricevere commenti a un mio post in cui mi si offende o critica in maniera distruttiva.
Per cui, dall'alto dei miei 40 anni esatti (sono le 00.45 del giorno del mio compleanno), dichiaro che, se mai dovesse succedere che qualche commento non mi piacerà, lo cancellerò.
Perché la democrazia non funziona tanto bene, in alcuni casi.

Thursday 18 September 2014

Quattro

Quattro anni, come dice la barra in fondo a questo blog, da quando ti abbiamo detto addio. Quattro anni da quel giorno in cui lasciai l'ospedale, te e un pezzo del mio essere.
Di dolore forse non si può più nemmeno parlare. È forse più un intorpidimento, come una ferita profondissima che sì, si è rimarginata e non fa più male, ma ha reso insensibile quella parte del corpo.
Di te in casa si parla, ogni tanto. Il tuo nome viene fuori, non molto spesso. Quando mi chiedono se Fabio è il secondo figlio, spesso rispondo titubando di sì, contravvenendo a quanto mi ero tempo addietro giurata. C'è una parte di me che ogni volta che dice sì sobbalza. Un'altra pensa che non sia giusto guastare la giornata del sorridente interlocutore tirando in ballo un argomento tanto doloroso.
Ti vedo spesso, a tavola accanto alla Bianca, l'unico con i capelli neri del vostro babbo. Ti immagino parlare con l'accento inglese, un po' più duro a morire di quello di tua sorella. Ti penso relazionarti ai tuoi fratelli. Avresti potuto insegnare alla Bianca (un po' polenta) a andare a modo sullo scooter, o avresti potuto giocare con Fabio con la delicatezza di un fratello maggiore. Tutto questo per dire che ti porto sempre con me, che in questa famiglia rumorosa e un po' matta manca sempre qualcosa. Manchi tu e nessuno dei tuoi fratelli riuscirà a rimpiazzare il posticino vuoto che hai lasciato. Voglio però che tu sappia che la tua mamma adesso sta più o meno bene e che è la mamma che è anche grazie a te. E infondo le piace essere la mamma che è.
I tuoi fratelli hanno entrambi una piccola macchia bianca sul fianco destro. Uguale. Nello stesso punto. Mi piace pensare che sia stata la tua mano che li ha toccati quando sono nati e che tu sia con loro, in una forma o nell'altra.

Tuesday 16 September 2014

Il pericolo delle etichette

A scuola mi hanno sempre detto che non sapevo scrivere. Che sì, con i numeri ci sapevo fare e negli sport ero una bomba, ma fra parole e 'cose artistiche' proprio non c'era storia, per non parlare del canto.
In terza elementare avevo 'la sindrome della domenica sera' perché il lunedì mattina avrei dovuto fare la cronaca. La cronaca, in quella scuola elementare toscana di oltre 30 anni fa, consisteva nel descrivere come avevo passato il fine settimana. In casa mia non si faceva mai una mazza il fine settimana, quindi il lunedì mattina mi trovavo a corto di argomenti e a quanto pare li descrivevo pure male. Il voto più ricorrente per me era 'benino', equivalente elementare di un 6 - -.
Quel 'benino' ha segnato la mia carriera.
Ho scelto chimica, ho fatto il ricercatore. Ho scritto solo pubblicazioni scientifiche, dove c'è poca anima e parecchi dati.
Poi un giorno nel lontano 2005 qualcuno mi convinse a scrivere un blog. Accolsi l'invito con poca convinzione. La bambina del 'benino' sapeva che scriveva male e che era a corto di argomenti. Ma un po' per scherzo e un po' per sfida accettai.
Dopo 9 anni, quella non più tanto bambina ancora scrive e descrive non solo fatti, ma anche emozioni, riflessioni, pensieri e aneddoti strambi. Scrive per gioco, ma quando riceve un complimento, sorride e non sa se crederci o non crederci.
Quando decide di crederci, pensa che se non fosse stata etichettata come quella che non sapeva scrivere, forse avrebbe fatto una carriera diversa e forse sarebbe più felice.

Saturday 13 September 2014

Magnificamente Pitù per una sera

Pitù, per chi mi ha conosciuto nel periodo post-war, è il mio apelido (nome) di capoeira.
La capoeira per anni (molti anni) per me non è stato solo un hobby o uno sport, ma uno stile di vita, una missione, un secondo lavoro. Oserei quasi dire che J, B e F esistono a causa o grazie (?) alla capoeira.
Quella storia d'amore è ampiamente descritta nell'esordio di Storie a Caso e in altri blogs, guarda caso scritti a quattro mani con la Veronica, con cui adesso ragioniamo di figlioli, fasce e pannolini.
Qui come la storia ebbe inizio, qui come ha continuato anche dopo che io sono partita.
A Londra non ho mai trovato niente che mi piacesse al punto di accollarmi le ore di viaggio per andare a lezione, specialmente dopo l'arrivo della prole. Dopo un tentativo fallito di allenamenti autogestito, durante la seconda gravidanza ho deciso di dare forfeit. Erano ormai svariati anni che non mi allenavo più. Quell'amore, come ogni altro amore che non viene nutrito e annaffiato, si era perciò inaridito al punto che ho pensato che la Pitù non esistesse più.
Ma forse il vero amore non muore mai, anche se viene seppellito sotto quintali di cenere (o merda a scelta).
Così l'altra sera mi sono fatta trascinare agli allenamenti. Bambini al seguito.
Ovviamente a fine aula reggevo l'anima coi denti e sono in uno stato fisico imbarazzante, ma l'energia... quella è tornata subito su.
La Pitù, che per tanti anni ha dormito, ha rizzato il capino.
Emozioni sommerse chissà dove sono riaffiorate, così come le parole delle canzoni e il piacere di giocare in una roda, senza imbarazzo né vergogna, senza pretese, manie di protagonismo o ansia da prestazione. Tanto per divertirsi, come uma galera di gente boa.
La Pitù, che meravigliosamente ha rivestito i suoi panni bianchi per una sera, spera non sia stato solo il canto del cigno e di poter continuare a farlo ogni tanto, tipo una volta a settimane, sempre figli al seguito, ovviamente.

Wednesday 10 September 2014

La Mamma Senza Le Risposte

In queste ultime settimane mi sono finalmente decisa a accogliere l'invito della Veronica e scrivere alcuni post per Puro Contatto, dove avrei dovuto contribuire sull'argomento dei pannolini lavabili. Poi ci ho preso gusto ed ho scritto un paio di pezzi di maternage, uno uscito un paio di giorni fa (Quando il contatto si perde) e uno che uscirà prima o poi. Entrambi seguono più o meno lo stesso schema: periodo difficile su un qualunque fronte-epifania-miglioramento.
Concluso e riletto il secondo pezzo, mi sono messa nei panni delle madri che leggono e mi sono chiesta come queste mamme mi possano vedere. Spero, fortissimamente spero, di non essere vista come La Mamma Con Le Risposte.
Da qui una serie di interrogativi: è corretto quello che milioni di mamme blogger stanno facendo? è giusto dare l'impressione di averle queste risposte? non sarebbe più proficuo scrivere di quando i figli non ci ubbidiscono, sputano il cibo, si picchiano, fanno li gnorri, fanno scene raccapriccianti in mezzo ai negozi? Non sarebbe meglio mettere a nudo solo quando si brancola nel buio e si vorrebbe buttarli fuor di finestra, i figli? Perché nella mia breve esperienza di mamma, questi momenti sono parecchi. Più delle epifanie.
No, oggi non è successo nulla di strano: una è andata a scuola saltellando, l'altro dorme beato nel suo letto. Milioni di pedagoghi sarebbero in questo istante fieri di me. Ma io la so, la verità. È solo una giornata in cui mi va di culo.

Thursday 4 September 2014

Gli gnocchi il 29 del mese

vediamo che ne pensa daddyJohn per pranzo

Qualche tempo fa, cenando in una pizzeria molto buona qua a Houston, vedemmo la pubblicità degli gnocchi del 29 del mese. A quanto pare consolidata tradizione italiana, il 29 del mese la pizzeria/ristorante offre gnocchi 'as much as you can eat' a chi intente sfondarsi di bontà e sapori nostrani. Seguendo la logica del piatto ricco mi ci ficco, sono già due mesi che ci presentiamo puntuali come orologi svizzeri all'appuntamento. Ne usciamo di solito rotolando, con il cuore in pace per aver ben speso in nostri soldi transumatisi in gnocchi letteralmente in tutte le salse (ne ho contate 10).
Però questa cosa della tradizione italiana del 29 mi ha incuriosito, perché naturalmente io non ne avevo mai sentito parlare.
Allora mi sono messa a fare una ricerchina su internet e ho trovato decine di blog che affrontano la questione. Le versioni più accreditate sono di seguito ri-raccontate.
A quanto pare, nell'ottavo secolo, Pantaleone, giovane medico asiatico, andrò in pellegrinaggio nel nord Italia, dove fu fautore di svariati miracoli. Una sera, mentre chiedeva del pane, fu invitato a cena da dei contadini, che gli offrirono per l'appunto gnocchi ed era per l'appunto il 29. Per la gratitudine annunciò loro una anno di raccolti e pesca eccellenti. La profezia si avverò e da allora gli   gnocchi il 29 sono stati istituzionalizzati come portatori di buona fortuna. A volte viene anche messa una banconota sotto il piatto.
Un'altra storia che ricorre è molto più pragmatica e dice che il 29 semplicemente c'erano pochi soldi e tante patate. Due + due...
Gli gnocchi del 29 sono molto comuni negli stati del sud america ad alta immigrazione italiana, come l'Argentina, dove addirittura 'gnocchi' sono chiamati i dipendenti comunali scansafatiche che si presentano solo a fine mese a ritirare lo stipendio.
Eccoci, curiosità soddisfatta, si impara sempre qualcosa sull'Italia.
Per festeggiare mi cimento a farli adesso (le patate sono già a bollire), sempre seguendo il sacro-fuoco-della-cucina-di-casa-mia contro tutti (Fabio verrà comunque svezzato a ottime BBQ ribs, no worries).

Tuesday 2 September 2014

The game is back on

Sherlock - Mini episode 2013
Mi tocca mettermi a cercare lavoro. Voglia ne ho meno che zero. Ma mi tocca per tutta una serie di motivi validissimi su cui non mi dilungo. Considerando che ho solo poco tempo al giorno per dedicarmi a questa ludica attività, meglio darsi una mossa.
A Houston ci sono più PET centre (che sta per Positron Emission Tomography e non per cuccioli di cane e gatto, ed e' anche scritto con lo spelling sbagliato) che supermercati. Questo però non significa che l'impresa sia più facile, perché tengo d'occhio gli annunci di lavoro da un po' e non mi pare che esca nulla di interessante.
In un mondo ideale, vorrei lavorare part-time e mandare a scuola i figlioli full-time così da avere il tempo che deriva dalla sottrazione full-part per farmi i cazzi miei e tenere medio-basso il numero di panni da lavare. Vorrei anche continuare a far ricerca, ma non so, buttarmi nel commerciale, ma non so se son capace e, come ultima spiaggia, insegnare, ma solo se mi lascia parecchio tempo libero. In altre parole, avendo le idee parecchio chiare, vediamo che ne esce. Intanto ho aggiornato i profili professionali pubblici del mio alter ego Dr Pis, cercando di nascondere il fatto che sono disoccupata dallo scorso novembre (o come mi piace definirmi - in maternità). A nessuno interesserà che nel mentre ho fatto un trasloco intercontinentale e un figlio. Ho anche aggiornato il CV (e non c'è voluto molto) e il file delle pubblicazioni, scoprendo che, senza accesso ai database, è una gran rottura di palle. Insomma, mi posso definire a metà strada nella salita della china dell'energia di attivazione. Vediamo se la supero o se rotolo all'indietro miseramente, battendo il culo per terra e continuando a fare la SAHM*!

*SAHM = Stay At Home Mum.

Thursday 28 August 2014

Pubblicità

Dopo 9 anni di blogging ho trovato il coraggio di auto promuovermi su Facebook.
Da oggi potrete trovare i link ai post di questo blog, di Parole in Libertà e dei post che scrivo per blog altrui sulla pagina di Pitú DiceLaSua.
Perché l'ho fatto: perché se uno scrive, lo fa perché qualcuno legga, sennò scriverebbe il diario segreto con il lucchetto. Facebook è una piattaforma come un'altra e mi va più che bene, se fa si che i miei post raggiungano qualche interessato in più.
Perché non l'ho fatto prima: perché mi è sempre parso (e mi pare tuttora) di peccare di delirio di protagonismo, che è abbastanza fuori dal mio personaggio. Ma alla soglia dei 40 anni ho pensato che sono anche sonori 'sticazzi e tanto su Facebook gira talmente tanta merda che le mie new feed possono tranquillamente passare inosservate.
Perciò se qualcuno passa di qui e non è amico mio nella vita vera ma è interessato a quello che scrivo qua e là, clicchi Like e siamo tutti felici e contenti.

Wednesday 27 August 2014

Apology

I feel I owe my not-italian readers an apology. All of the sudden I stopped writing in English and reverted to Italian and I'm sorry, because I know that some of you will not come here anymore.
I did it because I need to write. A lot. I need to put on paper emotions and random thoughts and various bullshits and sometimes English clips my wings.  English is not my mother tongue and yes, I'm fluent, but still it's not my language.
This blog was born as a bereavement blog. It was opened because I needed a place where I could feel comfortable to write how desperate I was. I wrote in English because I was grieving in England and I was sharing those awful moments with English mums.
My first blog was called 'Random stories' and it was in Italian. Since Jacopo died, my stories had not been random anymore so I closed that blog and opened this. Now, after four years, my stories are more random again and I'm not very comfortable in such a serious place. I need to be light and share unimportant things. I'm not what I was four years ago, but the new me is trying hard to put the last pieces together. Moreover, I need to reaffirm my roots, to remember where I come from in order to be able to teach it to my children. Maybe this starts with me being again able to fully express myself in Italian.
So, again, I'm sorry. I hope you'll keep coming here from time to time to see what's going on.

Tuesday 26 August 2014

Nozze di carta

Louboutin rinnovate per occasione
Ebbene si, abbiamo sfangato il primo anno di matrimonio.
E per premiarsi siamo andati a cena fuori, solo io e lui, e poi anche a bere in una vinoteca.
Rivestiti e rileccati.
Per fare ciò abbiamo affidato la prole, una teglia di pasta al forno e un biberon di latte espresso alla babysitter. Durante la produzione del suddetto biberon, la Bianca ha preteso anche lei di bere del latte (di mucca) da un biberon da infante di quelli da 125mL e con un solo buchino. E a quanto pare ne ha chiesto uno anche alla babysitter, catalogando i suoi genitori come psicopatici. Per la cronaca col cavolo che Fabio ha voluto il latte espresso, pero' è stato lo stesso buono tutta la sera, probabilmente grazie al fatto che era con la sorella. Li abbiamo trovati al nostro ritorno tutti e due svegli come grilli e anche un po' molesti.

Alcune note e commenti:

  • capisci che sei disabituato a uscire quando ti vergogni a entrare in un locale popolato da gente normale e non famiglie con mamme scarmigliate e bambini urlanti
  • capisci che invecchi quando ti fai lo scrupolo di sembrare una tardona cicciona coi tacchi, in mezzo a stratope tra i venti e trenta anni.
  • ti deprimi a non avere nessun vestito decente che ti stia, a parte uno, comprato in periodo di allattamento selvaggio della Bianca per un matrimonio e te lo metti anche se sembri una salamella, ma necessità virtù.
  • capisci che essere in libera uscita costa un fottío di babysitter.


Nonostante le sopracitate prese di coscienza, la manfrina è da ripetere da qui in avanti almeno una volta al mese. O anche due.
Si lo so, non sono una mamma mammona, non sono una brava mamma, non sono forse nemmeno una mamma, non mi hanno caricato il senso di colpa, ma ogni tanto sento il bisogno di andare in ferie dei figli (e in verità anche dal marito).
Mors tua vita mea.

Sunday 17 August 2014

La festa è finita

Non mi piace organizzare feste. Ho sempre paura che vengano male o che nessuno partecipi o che la gente stia a disagio.
È tutta stupida ansia da prestazione, perché poi quando sono io a andare alle feste altrui, mica sto li a giudicare se c'erano abbastanza dolci o se c'era o no il mago. Vado e faccio due chiacchiere con gli altri genitori, mentre i bambini giocano.
Nonostante la mia riluttanza abbiamo però deciso si festeggiare il compleanno della B in casa nostra e di accantonare l'idea del BBQ, che con questo clima, fuori a arrostire carne era un'azione suicida. D'altra parte non ci piaceva nemmeno il compleanno standard americano in un play ground o palestrina dove hai un'ora e mezzo di tempo e rizzati e una scaletta nemmeno una caserma: 45 min giochi, 23 min pizza, 18 min torta e poi tutti a casa. In pratica una corsa da una cosa a quella dopo, che per davvero non fa parte del mio essere, anche se ha l'indubbio vantaggio di essere a stress 0. Ma noi crediamo che questi bambini vadano lasciati liberi  di giocare indipendentemente, mentre i genitori hanno un minimo di tempo per scambiare due parole e conoscersi mentre si bevono una birra, ovviamente non ammessa a palestrine a stress 0
di cui sopra. 
Alla fine, dopo due giorni passati a cucinare pizza, pasta al forno, tortillas, muffins e dolce al cioccolato, le cose sono andate bene direi. A parte gli avanzi. Non c'era nessun gioco organizzato, solo john che si è messo a costruire spade, fiori e animali con in palloncini, ma i bambini hanno giocato bene lo stesso fino a sera. Non hanno mangiato quasi nulla a parte i dolci, ma questo era scontato. 
Sono contenta che la B adesso sia capace di giocare in maniera più strutturata con gli amici senza scannarsi per i giocattoli. Sono scontenta che ancora non onori le mie fatiche di cuoca, infervorata dal sacro fuoco del cibo-sano-niente-patatine. 

Un anno dopo l'altro vincerò anche riluttanza e ansia da prestazione e mi continuerò a trasformare in una mamma vera.  



Wednesday 13 August 2014

Tre

A te, che tre anni fa sei arrivata sana e salva su questa terra e ci hai convinto che alla fine questa terra non era un brutto posto dove stare. Che in tre anni hai preso piu' aerei di quanti molti abbiano mai preso nella loro vita intera e che quando usciamo di casa chiedi se andiamo a casa rossa (Londra), Palemmo, da zia Franci o casa Texas. Che parli una lingua degna di un'italo-americano doc e sei fissata con le trecce, le principesse e i gioielli, ma poi i cartoni delle principesse non li vuoi mai vedere. Che comunichi al mondo di essere Elsa di Frozen e io non mi capacito che tu sia figlia mia, dato che io non ho mai avuto una bambola e avevo come mito infantile Jeeg Robot e Judo Boy. Che sei riflessiva, introspettiva e silenziosa ma anche esuberante, molesta e chiassosa. Che come dice tuo padre, non hai gusti, ma emozioni e che piangi per fare qualsiasi cosa nuova, che poi vorresti continuare a fare all'infinito una volta che hai provato. A te che nell'ultimo anno sei stata sballottata dal gelo albionico al bollore texano, che hai visto sparire tutte le tue cose in immensi scatoloni e ti sei accontentata di una borsina con quattro cavolate, tre librini e qualche colore e te li sei fatti bastare per settimane, a insegnarci che le cose non servono a nulla, ma quello che serve e' la fantasia. A te che hai espresso tutta la tua rabbia per il babbo che era via in un urlo muto e hai fatto lo sciopero della fame per due mesi facendomi diventare matta. Che mi hai insegnato a capire i tuoi bisogni profondi e mi hai mostrato che se un bambino non è come lo vorrebbe un genitore a volte va bene lo stesso e che se si comporta male spesso c'è un motivo validissimo.
A te, che oggi compi tre anni, che sono tre mesi che chiedi se è il tuo compleanno e ti canti happy birthday da sola spengendo invisibili candele su invisibili torte.
A te, che oggi ne spengerai tre vere su una torta cosí vera che so già che ti divorerai, schifando il resto della cena.
A te, Tanti Auguri.
E grazie di essere arrivata proprio nel momento in cui c'era più bisogno di te.

Monday 11 August 2014

Il pane quotidiano

Da qualche giorno mi sono messa in testa di preparare il pane in casa. Il motivo è stato di pura sussistenza.
Perché va bene la baguette che non era certo come a Parigi, ma si poteva sempre mangiare (purché non si aspettasse il giorno dopo); va bene adattarsi ai toast inglesi grandi come lenzuola che pero' tostati non erano poi così terribili e va anche bene sperimentare con pani esotici e esoterici con semi, frutta secca e bacche varie. Finché c'era il Morrisons sotto casa, a Londra, il pane non era un gran problema. Ma qui in US non ci si salva dallo zucchero. È ovunque, infestante, nascosto e subdolo, con l'unico scopo di aumentare inesorabilmente il BMI* della popolazione. E il pane dolciastro non si puó proprio mangiare, sorry America, God bless you always! L'unico pane commestibile, quasi introvabile, costa più di una bistecca di maiale e viene venduto in supermercati super-alternativo-ecosostenibili-nature che a tratti mi fanno un po' tappare la vena.

E allora sai che? Me lo faccio da sola.

Da quando ho il mio pane, ho riscoperto sapori dimenticati dai troppi anni di abbrutimento alimentare di stampo anglosassone. Tipo pane olio e aceto. Pane e pomodoro. La bruschetta. Mi sono tornate in mente ricette ataviche, tipo pane, stracchino e salsiccia in forno, onnipresente ad ogni festa del liceo a cui abbia mai partecipato. O la pappa al pomodoro che, come scoprimmo io e la mia amica M oramai troppi anni fa, viene bene solo col pane bono e non con troiai tipo panini e affini.

Il mio pane ha anche portato con sè le seguenti riflessioni, che magari un giorno approfondirò:

  • se uno è in territorio nemico e non riesce a adattarsi, o torna a casa o si porta casa in territorio nemico. 
  • se qualcosa non la si trova belle fatta, molto probabilmente uno se la può sempre fare.
  • si può tollerare che i figli non parlino italiano, ma non che non li piaccia la schiacciata. E poi, ripensandoci, l'identità si costruisce a tavola. 

*BMI: Body Mass Index = Indice di quanto grasso sei.



Wednesday 6 August 2014

Una giornata come un'altra

che poi senno' fra qualche anno ci se ne scorda. Quando daddyjohn non c'e'.

ora imprecisata prima delle 8: B si svelta e tenta di svegliarmi a schiaffi, io continuo a non essere in grado di intendere e di volere, F nemmeno.

8.30: a fatica apro gli occhi e mi accorgo che B ha impunemente aperto il computer e si e' messa a vedere video su youtube a ripetizione senza l'aiuto o il permesso di nessuno. F incurante di tutto, dorme.

8.30-9 : colazione con annesso litigio all'ultimo sangue per il combo spengere video/fare pipi/vestirsi ('hai fatto mille storie per il video ora ti vesti come dico io')/mettersi scarpe/uscire di casa.

9.30: smollamento della B a scuola con annessi pianti e disperazioni che durano sempre in media 2 min.

9.30-12.30: caffe, lavatrice,  allattamento, cambio di pannolino, chiamata skype, letto blogs, scritto qualcosa, cazzeggiato.

12.30 pranzo a base di risotto riscaldato

13.00 fatto muffin alla banana di prova per il compleanno della B la prossima settimana

13.30-16.00: non lo so dove le ore sono scomparse ma mi pare di aver allattato, cambiato pannolino, messo a dormire F e letto cose, lavato altre cose, ripiegato, steso, parlato con la vicina, preso un altro cappuccino (sia beatificata la macchinetta nella common room), fatto plank e poi non so.

16.34 (adesso): diluvio universale passeggero, preparazione psicologica per il recupero della primogenita.

latente senso di colpa per non aver fatto una mazza tutto il giorno, che significa non essere uscita di casa, stata in piscina, creato sculture, fatto spese, visitato mostre, fatto opere di bene, contribuito al benessere dell'umanita', guadagnato soldi, fatto sport (a parte i 45 secondi di plank), cucinato manicaretti (a parte i muffins), preparato playdoh artigianale, pulito tutta la casa a specchio, ecc. vediamo come si conclude la giornata. Perche' tutte le cose importantissime mi vengono in mente quando non  le posso fare?

(....)

17.00 ripresa B all'asilo, per fortuna di umore decente.
17.40 tutti e 3 in piscina per riprendersi dalla caldana patita nei 4 minuti di macchina da scuola a casa. tuffi, splish splash, risate e sollazzi.
18.20-21.30 temporale, fuori dalla piscina, asciugatura prima del gelo da A/C, preparazione cena, cena, varie ripetizioni di 'stai seduta', 'non tirare F', 'finisci il pesce', 'prendi il muffin solo se stai seduta composta e non importuni tuo fratello', 'no, niente video finche non torna tu pa, dopo ieri sera e stamattina', cacca/bagni/letto con annessa lettura di due libri, allattamento, vari 'testa giu' e dormire' e racconto della storia di Frozen un po' riassunta e rivisitata dalla sottoscritta.

22.23 (ora) SILENZIO.

Deus gratias. Adesso non c'e' null'altro da fare se non cazzeggiare, meglio se con qualche lecconeria vicina (peanut butter/gelato/biscotti/succo), senza interruzioni, senza senso di colpa da 'sto buttando via la mia vita' e senza fine. E questo mi frega, questo senza fine. Perche' e' questo che fara' si che faccia irrimediabilmente troppo tardi e domattina si riparta dal punto 1, con me incapace di intendere e di volere e una giornata davanti. Da sola. Fino a sabato sera.


Monday 4 August 2014

Riflessioni su una vita casalinga

Questi sono tempi strani per me che sono un'inquieta figlioletta. Da quando stiamo qua a Houston, con la B a scuola tutto il giorno, J a lavoro e spesso fuori città e prima la pancia e adesso un bambolotto di 3 mesi che si fa gli affari suoi, mi ritrovo "parecchio" tempo a disposizione. È principalmente per questo che ho ricominciato a scrivere qui sul blog, che ho aperto "Parole in libertà" e che mi son messa a copincollare i post di Storie a Caso. Perchè per la prima volta da un sacco di tempo ho perlappunto un po' di tempo.

Durante la maternita' di B non ho scritto quasi nulla per due motivi ben precisi: 1) mi sembrava di mancare di rispetto a Jacopo, 2) ero presa da forum fatti di allattamento, pannolini lavabili e baby lead weaning in questo preciso ordine. Tutti inglesi. Scrivevo anche il blog in inglese, pur scrivendo male.

Durante questa maternita'/periodo di pausa invece non ho nessuna voglia di parlare dei pro e contro della puppa di mamma né tantomeno di evangelizzare nessuno, ho già parecchi pannolini che sto usando regolarmente con il valore aggiunto che qui asciugano in 3 ore invece che 3 giorni, non ho ancora iniziato a svezzare F ma sto cercando di fare il pane toscano in casa, perche' non intendo mettergli in mano (rigorosamente in forma di finger food) questo schifoso pane dolciastro come primo alimento. In poche parole, la fase di accudimento a 360 gradi e' scivolata via dalla mia persona, pur godendomi ogni istante di questo nuovo bambolotto che da salametto inerme si sta trasformando in un iperattivo ridanciano piacione. Io e lui abbiamo meno tempo a tu per tu, ma siamo comunque parecchio innamorati l'uno dell'altro.

Durante questa maternità ripenso a quella precedente e mi dispiaccio di non aver fermato su carta i pensieri di allora, che sono invece sparsi qui e li fra commenti di forum, social network e chi più ne ha più ne metta.
Durante questa maternità, che è anche un periodo di pausa, penso anche a un sacco di altre cose, sopratutto alla mia carriera, che da un punto di vista di titoli non è forse stata un granché, ma che mi ha impegnato a tempo pieno per parecchi anni e di cui tutto sommato sono abbastanza soddisfatta. Penso che non avrei mai pensato di venire a vivere in Texas, ma che infondo non è poi cosí male, a parte il pane dolciastro. Mi sento una cattiva madre perchè mando la B a scuola quando potrei accudirla io, perchè non ho idee favolose per intrattenere una treenne, perchè non sono brava a fare bricoladge e torte in casa e perchè organizzare la sua festa di compleanno mi da' più pensiero che piacere. Poi penso al mio marito per caso J e a tutti i progetti che abbiamo fatto e disfatto, gli abissi di nero melmoso da cui siamo risaliti, i paesi che abbiamo visitato, in cui abbiamo vissuto e in cui pensiamo che potremmo andare a vivere. E penso che su di lui non ho mai scritto nemmeno una parola. Nemmeno una parola sul nostro matrimonio per caso, sul nostro quotidiano, sui nostri progetti, sui nostri litigi all'ordine del giorno. Penso alla mia famiglia al di la' del mare, al mio nipotino di cui non ho potuto festeggiare il primo compleanno, alla mia sorellina che da sola laggiu' si fa carico della nostra zia vecchietta e non-più-granché-ne-su-cenci. Penso agli amici lontani, sparpagliati ai quattro venti, a quello che sento ogni giorno e con cui condivido challenge improbabili, quelli che mi mandano sms con grandi novitá, quelli di cui seguo la vita attraverso un post o una foto su un social network e quelli impalpabili che non scrivono/messaggiano/sono su facebook.
Insomma nella mia testa ci sono parecchi pensieri disconnessi che, forse a causa della prolattina, ogni tanto mi danno il mal di testa, altre mi fanno compagnia in queste giornate solitarie calde e umidicce, altre ancora mi scivolano via come l'acqua.

Potrei continuare con questo flusso di pensieri, ma il mio "tempo" è finito, F addormentato va messo in macchina perchè la B esce da scuola. E si è anche messo a piovere, quindi devo tornare dentro i pannolini, messi a asciugare sullo stendino, cosa che farebbe infuriare J.

Quiete

Dopo un mese di vacanze zingare con due bambini assai rumorosi al seguito 24/7, i bagni, i pasti qui e li, le chiacchiere, le discussioni e le risate, oggi per la prima volta sono a casa sola e c'e' silenzio. J e' a Seattle per una delle tante conferenze che durano una settimana, la B e' a scuola e F dorme.
Il silenzio e' una grande invenzione, spesso sottovalutato, a volte scomodo, di sicuro raramente a disposizione. A me il silenzio piace parecchio.

Sunday 3 August 2014

Da grande vuole fare la scrittrice

Dopo quasi quattro anni che il mio vecchio blog Storie a Caso ha chiuso i battenti, ho deciso che ne faro' un libro. Un libro vero, di carta e con la copertina morbida, con anche magari una prefazione e la biografia.
In solo una o due copie, per me stessa, per mettere nero su bianco i cinque anni precedenti all'uragano e per la coppia di malandrini che brulica per casa, perché se io adesso potessi avere un libro con un pezzo di vita della mia mamma sarei la persona più felice dell'universo creato.

ps: se qualcuno è interessato a fare il correttore di bozze improvvisato è il benvenuto. è un agile file word di una settantina di pagine.

Wednesday 30 July 2014

uno di quei giorni

in cui odi tutti e non sopporti niente.
in cui vorresti smaterializzarti e rimaterializzarti alle maldive DA SOLA
in cui non hai risorse, ti stufi a stare in casa, ma ti fa fatica uscire
in cui ti chiedi perche' hai fatto dei figli se poi non li vuoi fra le palle, in cui non hai voglia di giocare, di avere una bambina attaccata al collo come una cozza e uno piccolo vampiro attaccato alla tetta e tutto quello che aneli e' di metterli a letto e farti i cazzi tuoi, con scarso successo.
in cui tutto sembra grigio, come il cielo fuori dalla finestra, adesso che sta per scoppiare il temporale.

uno di quei giorni in cui faresti bene a darti una calmata.

Sunday 27 July 2014

il rientro

siamo rientrati ieri dopo 7 ore di guida e uno stop a Lafayette per strafogarsi di messicano e fare scatenare la nanetta nella fontana cittadina, in modo collassasse le susseguenti tre ore e mezzo di macchina.
Ieri sera eravamo stremati. Abbiamo scongelato il sugo, buttato giu' qualcosa e andati a letto. Io pero' non ho dormito per un bel po', godendomi il silenzio e leggendo blogs, a lungo abbastanza (00.45) per arrivare al momento in cui la B svegliatasi ha deciso che era tempo di venire a dormire da noi.
Stamani mi son svegliata col mal di schiena che non erano nemmeno le 7, al suono di "mamma svegliatiiiii", susseguito da leggeri schiaffetti in faccia. F sveglio come un furetto mi ha confermato che era finito li, il mio sonno. Ma io testona ho tentato di temporeggiare con la scusa di allattamento da sdraiata che mi viene tanto bene la notte, ma quando, a ogni sbadiglio, ho iniziato a trovarmi un Goldfish in bocca, ho capito di aver fallito. Mi sono alzata, ho sistemato la B seduta con latte e biscotti e sono fuggita in common room a prendere il fidato caffe'. Intanto J aveva iniziato a sfrantumare l'anima che dovevo fare plank, perché lui ha deciso a) che mi si può vedere e devo rimettermi in forma e b) che devo aderire per forza al 30 day plank challenge. Entrambi i punti a mia insaputa.
3 sec dopo essere uscita dalla porta con la tazza e il tel in mano, nell'insensata speranza di poter prendere caffè in common room chattando con la mia sister Jolly dalla Sardegna, ho sentito un grido "mammaaaa I have to come with you" "no amore, vai a fare colazione" " no" sigh...
accendo la macchina per il cappuccino e mi squilla il telefono. era J, da casa, 10 m piu' in la', che mi ricordava che dovevo scaricare la app per la fitness. nel mentre la bianca mi intimava che dovevo ballare con lei e mi baciava le cosce.

sono ufficialmente o all'inferno o in una gabbia di matti scriteriati.

adesso mi son dovuta piegare a una modalita' multitasking estremo e lavo, asciugo, stendo, riordino, cucino, allatto e scrivo, tutto a incastro, ma so che fra poco il Sonno arrivera' e tutti gli altri saranno Riposati. E io saro' fottuta.

Friday 25 July 2014

Impressioni sparse 2: il ritorno

Viaggiando da Hilton Head (SC) a Houston ce la siamo presa comoda assai.

Fernandina Beach (FL): oceanica ma divertente con il mare con i cavalloni e tutto quanto (tempesta di fulmini compresa il primo giorno). Questi maledettissimi temporali sono una bega indescrivibile e ce li siamo ciucciati quasi ogni giorno. Arrivi sulla spiaggia all'ora dei bambini (le 11...) con un sole che spacca le pietre, piazzi il tendone sudando le 7 camicie, fai il bagno e non fai in tempo a sederti un secondo per mangiarti la tua pesca che il cielo si copre e in men che non si dica viene giu' un'acqua che pare il giorno del castigo. E allora scappa a portare i figlioli sempre bagnati (quella grande, che non sta un secondo fuori dall'acqua) in macchina (perche' la pioggia volendo chi se ne frega ma i fulmini da queste parti son cosa seria), ricarica tutto, smonta la tenda fra le 1000 bestemmie (perche' questi temporali sono sempre accompagnati da una simpatica brezza a 18-20 mph), rintanati in macchina mezza di acqua salata e piovana e... sei costretta a accendere il condizionatore perche' senno' in quattro non si rifiata... e poi mi viene si l'artrite.
Ma insomma, nonostante il meteo avverso, ci siamo divertiti, specie il secondo giorno.
Carrabelle (FL): una perla nascosta. Gia' sul golfo del messico, sonnolenta e soleggiata, spiaggia bianca deserta e mare turchese. Forse il miglior giorno di mare, condito solo da una improvvisa febbre a 40 della B. Cose che capitano... Pero' per la prima volta da tanto tempo, in quelle 2 ore in cui tutti e due dormivano e io me ne stavo seduta sulla mia sdraio al venticello, ho sentito scivolare via parte delle infinite tensioni degli ultimi mesi (anni?). Sono momenti che durano poco o nulla, specie quando dividi la vita con nani rumorosi, e proprio per questo, preziosi e indelebili.
Apalachicola (FL): ci siamo solo passati, ma il combo e' simile, spiaggia bianca e mare turchese, paesino coloniale con un certo fascino di vecchia florida. Noi pero' niente mare, per colpa del febbrone della B e della pioggia che Dio ci mando'.
Navarre (FL): un'altra meraviglia, un altro giorno di mare monco questa volta per colpa del vento e delle meduse. Pero' tutta questa parte di Florida e Alabama e' spettacolo. il sistema e' sempre il solito: isoletta immacolata di sabbia bianca e mare azzurro collegata alla terra ferma da un ponte. Parte di queste lingue di terra e' adibita a parco, parte e' residenziale, ma sempre nel rispetto della fauna e flora costiera. Bellissimo.
Stesso discorso vale per Orange beach, Gulf Shore e Fort Morgan (AL), dove ci sono delle case sulla spiaggia che la prossima volta quasi quasi...
Una volta pero' scavalcata la baia di Mobile, la situazione va peggiorando miseramente. Ci siamo fermati un paio di notti a Fairhope (AL) che e' una bella cittadina ma il mare fa cagare. Lo stesso vale per la costa del Mississippi. Adesso siamo a Long beach (MS) e benche' la spiaggia sia molto bella e ben curata, il mare e' scuro e il fondale melmoso e sopratutto c'e' una marea pazzesca e anche quando e' alta marea il mare non va mai giu', il che rende il tutto un po' fastidioso.

Domani si torna a casa, Houston sara' un forno crematorio e si riprende il solito tran tran. L'immagine che pero' mi porto a casa e' quella della B, oggi, sola, su questa spiaggia bianca immensa, tutta abbronzata, in mutande e con i riccioli biondi incrostati di sale e sabbia che corre libera dietro a un gabbiamo.
E' cosi' che i bambini dovrebbero sempre poter vivere, allo stato brado, selvaggi, scalzi e mezzi nudi, a correre in spazi sconfinati.
Per i miei, giuro, mi impegnerò a creare più occasioni possibile.

Monday 14 July 2014

Impressioni sparse

New Orleans: ma allora esistono le città in US. Città e non spianate di cemento e grattacieli senza garbo. Abbiamo passeggiato nel quartiere francese, mangiato cibo creolo e ascoltato tanto jazz che alla B è molto piaciuto. Poi il giorno dopo pioveva e siamo dovuti ricorrere a una visita di emergenza all'insettario. Ero molto scettica, ma il giardino giapponese con le farfalle ha ripagato di tutte le bestiacce viste fino ad allora. Poi abbiamo anche fatto un giro in macchina a Make it Right!, che per la cronaca è il quartiere la cui ricostruzione, dopo il Katrina, è stata finanziata da Brad Pitt e le cui case sono totalmente ecosostenibili. A concludere la grigia giornata abbiamo cenato in un posto con la musica dal vivo dove la B ha dato sfoggio della sua propensione alla danza e dato libero sfogo al suo esibizionismo preoccupante. F ha dormito senza scassare l'anima. Avrei voluto fare un giro piú sensato del quartiere francese e anche degli altri quartieri ma è stato di nuovo tempo di migrare verso la nostra destinazione ultima in South Carolina.
Pensacola: una bella sorpresa. Abbiamo capito che con F possiamo viaggiare senza le sue urla negli orecchi solo presto la mattina o la notte. Quindi di buon ora abbiamo guidato verso nord un bel po', abbiamo preso il caffè a Mobile (in un posto saggiamente scelto la sera prima in modo da non perdersi in 1000 rivoli e arrivare poi all'ora di pranzo senza caffè) e poi deciso di puntare al mare. Pensacola era di strada. Pensacola è bellissima, come i caraibi. A pensacola mi sa che ci torno presto anche perchè la godura bagnesca è stata interrotta prima da un baywatch sboronissimo che ha fatto uscire tutti dall'acqua per (abbiamo capito dopo) un'imminente addestramento dell'US NAVY che ha allietato tutti con 6 jet rombanti che hanno fatto capriole in cielo per mezzora (e svegliato F); e poi l'arrivo di un nuvolone minacciosissimo che ha fatto scappare tutti. Anche noi, seppur restii, siamo scappati seguendo l'esempio della fauna locale e ci siamo rifugiati in macchina appena prima del diluvio universale. Non c'e' mai pace, per me, al mare.
Hilton Head: un'isola in cui vai da Walmart che sembra di entrare in una giungla frondosa. Un'isola in cui c'e' una legge che vieta da costruzione di case piu' alte degli alberi (!!), dove ci sono dei maledetti scarafaggi dal nome leggiadro di Palmetto Bug ma che non fanno meno schifo degli altri e ieri ce n'era uno in camera che manca poco mi casca F di mano mentre lo lavavo... Un'isola con le spiagge larghe e scure e un mare scuro e caldo come un brodo, ma con delle meduse che impietose hanno punto tutti quanti e con anche qualche squalo. Un'isola famosa per i suoi quartieri residenziali chiamati Plantations che altro cono sono che le vecchie piantagioni riviste e corrette. Non voglio sapere quanti schivi sono seppelliti sotto quei pettinatissimi campi da golf. Ah, un'isola in cui gli alligatori bivaccano sui prati come fossero gattini. Ma dove siamo rifiniti?

Fatto sta che dopo domani si riparte per destinazione non meglio identificata, adesso. Ma che saggiamente identificherò domani, perché ho capito che viaggiare con due nani permette solo improvvisazione controllata.

Saturday 5 July 2014

Stay away from Executive Inn - Port Isabel (S Patre Island)

Our first real bad experience...
The original plan was to spend three days in Port Aransas, come back to Houston and get ready for the rest of the trip north. Port Aransas was a bit of a disappointment because the beach was dirty, full of seaweeds and too windy for the kids. So we decided to stay only two nights and drive down to South Patre Island, allegedly the best seaside place in Texas. And so it was. White sand, blue sea, clean and breezy beach several miles long. We got organized and decided to extend our stay for the whole weekend. Only this was the weekend of the 4th of July and apparently everybody had decided to go to the beach. Result was that prices were RIDICULOUSLY CRAZY but everywhere was anyway full booked. We were staying at a Motel 6 but failed to confirm our extension in time so we had to book somewhere else. After a deep analysis of pros and cons, we resolved to book at Executive Inn at Port Isabel, only 20 min away from the beach, for a stunning 275$ + taxes per night. But hey, we were loving it and life is short and eventually it was the cheapest place we could find (incredible I know).
So yesterday, after a beautiful day on the beach and lots of fun watching people, we went to check in and... fist thing I got was a fucking cockroach on me. That was fucking gross and off I went to complain and the guy at reception asked me what was he supposed to do with no apologies whatsoever. I replied, a bit in disbelief, that I wanted a deep cleaning the day after and went back in the room. Next thing we saw was a t-shirt of some other customer left in the shower... they had deeply cleaned the bathroom for sure, hadn't they? Then we went to open the water and the tap was broken.
Off we went to complain again and we decided to stay only one night and ask for a discount. We were offered 26$ out for 626$. They were clearly taking a piss exploiting the fact it was the 4th of July weekend and people were desperate for a roof.
In a not-so-great mood we went for dinner.
Tired and annoyed we went back in the room and TWO fucking cockroaches were happily crawling on the bed. That was it, I wasn't gonna sleep in that room with two small kids. I have traveled enough in shitty places to have slept with bugs around BUT I was paying a few dollars and not 313$ per night.
Refund was granted and we left.
We have been driving the whole night, except for a small stop-over in a rest area so I am pretty shattered by now, but I wanted to share this misadventure. NEVER pay for a budget (?) place without checking the room first. NEVER! 
Roll on Monday: destination Hilton Head (South Carolina)!

Friday 4 July 2014

My first 4th of July

I'm here. Sitting under my huge canopy which only beaches like in the USA can take into consideration. We are in south Patre Island on a beautiful beach very Sardinia-like, only over 10 times longer. Kids both asleep and I have time for a little post after our first few days of adventure (like Bianca calls it). It's challenging but fun and I have no regrets whatsoever to have drag them in my type of holiday although a little more organized and family friendly.

But anyway it's the 4th of July and it doesn't go silent. I'm surrounded by American flags, Americans wearing American flags, canopies and umbrellas with American and/or Texas flags imprinted and two dogs painted in blue white and red.  

And you know what's funny about it? I love it! These people are so proud to be American to wear a flag and then... they talk to you in Spanish anyway. And hey I have my American flag too, on my beach bag, so I'm totally integrated now. 

Monday 30 June 2014

On the road

After a few years, off we go, on the road, not sure where.
With a 3 years and a 2 months old, it's going to be lots of fun...
Honesty cannot wait!


Thursday 26 June 2014

Figli di expats


Ci penso da sempre, dal momento in cui mi sono state chiare due cose 1) che avremmo fatto figli e 2) che non saremmo tornati a casa. Ci penso ogni volta che la Bianca mi risponde in inglese, ma l'altro giorno quando l'ho sentita recitare il "Pledge of Allegiance", mi è suonata una campana nel cervello. 
Non avere figli italiani è sempre stato un concetto ostico da digerire, ma finché eravamo a Londra pensavo anche che sarebbero venuti su come '3rd culture kids' perché Londra è così multiculturale e variegata che ogni londinese e un po' un adulto di terza cultura. Pensavo che stavo offrendo loro l'opportunità di crescere in un esperimento sociale unico al mondo, in una città dalle mille risorse, esageratamente immensa ma anche a misura d'uomo una volta trovata la propria bolla. In una città in cui il diverso è la norma e dove bambini di tutti i colori si tengono per mano durante la gita scolastica. Pensavo che questi bambini, domani, sarebbero stati adulti migliori di noi.

Qui invece è diverso, o almeno mi sembra diverso. 

Per fortuna Houston è anche lei multiculturale per una città del sud degli USA. Per quello che ho potuto notare in questi pochi mesi, ha ben poco del cliché texano di bacchettoni in abiti della festa per andare a messa la domenica e cappelloni da cowboys. Ma più ci rifletto e più mi appare chiaro che i miei figli non saranno italiani, non interamente almeno. Saranno forse più tolleranti e larghi di vedute, ma saranno sempre figli di emigrati che un giorno diranno "i miei sono italiani, ma io sai sono nata/o e cresciuta/o qui e quindi mi sento americana/inglese/australiana".  Parleranno la lingua italiana, ma probabilmente non la sapranno scrivere e leggere bene. Non avranno mai la nausea di Dante e Manzoni, non mangeranno gelati in piazza in motorino d'estate e forse non sapranno chi erano i partigiani. Saranno americani, o inglesi, o australiani o chissà, con altri stili di vita e altri usanze che non mi appartengono. Gli anni della loro formazione non avranno niente a che vedere con i miei, non avrò idea di cosa staranno vivendo e perché, quali sono i loro imperativi e le loro mode. Un po' forse questo è vero per tutti perché c'è sempre lo scarto generazionale, ma non riesco a credere che crescere oggi in toscana sia molto dissimile da come sono un tempo cresciuta io. Non ho invece idea di come si cresca a Houston. Eppure fra non molto devo decidere dove mandare la Bianca a scuola. E allora si riderà perché gli anni della sua formazione inizieranno per davvero.
A questo punto la domanda è una: rassegnarsi o intervenire? 
C'è una via di mezzo? un compromesso? certo, devo accettare che loro non saranno italiani, ma posso cercare di farli almeno un po' sentire tali? e come? bastano un mese d'estate o le vacanze di natale? vale la pena di insistere perché facciano una parte delle scuole in Italia in modo da assorbirne un po' la cultura? o devo semplicemente rassegnarmi e lasciare che facciano la loro strada senza interferire con ben più anticipo di una mamma "normale"?

Thursday 19 June 2014

Ho preso la patente

di nuovo. Si dopo 22 anni di patente ho dovuto rifare esame teorico e pratico per avere la patente texana. Entrambi passati per il rotto della cuffia. Stamani poi quella stronza mi ha anche fatto un sacco di appunti su come dovrei o non dovrei guidare e non sapevo se ridere o piangere. Mi sarebbe venuto da dirle che avrei voluto vedere lei per le strade di Firenze (o peggio ancora Palermo) dove se lasci lo stesso spazio che ho lasciato io fra una macchina e l'altra ci si infilano 1 macchina 2 motorini e anche un'apetta. O per le strade di Londra dove tutti sono super educati e super rispettosi delle regole, ma dove le strade sono così strette che se tanto tanto incroci un autobus ci vuole la vasellina per scambiarsi e dove per giunta si guida dalla parte sbagliata.
Ho imparato a guidare con il mio babbo al Casoncello, su una strada sterrata che fa schifo, che nessuno si azzarda a fare se non ci è abituato o ha un 4x4 e dove è essenziale sapere usare il freno motore e prendere i dossi di sbieco. In 22 anni di patente ho guidato su mille strade italiane, francesi, svizzere, spagnole, portoghesi e inglesi. In montagna con la neve, in città affollate dove le corsie non si sa nemmeno cosa siano, su autostrade a 5 corsie e stradine buone per biciclette e cavalli. Ho guidato un macchina scassata nell'altopiano marocchino, un minivan che era anche la nostra casa per le sconfinate strade australiane dove il rischio più grosso, oltre a addormentarsi, era fare un frontale con un canguro, e per le strade del sud corea con il navigatore in coreano. Ho guidato parecchio anche qui in America, senza bisogno che lo stato del texas mi insegnasse a guidare. In California, Arizona, Nevada, per deserto e collina.
E quindi mi sono sentita un po' presa per il culo stamattina, con quella che mi diceva destra sinistra e parcheggia e fai retromarcia su quella stradona con la mia macchinona con il cambio automatico. E che quasi quasi mi bocciava perché secondo lei non guardavo gli specchietti con sufficiente enfasi.

Si un po' presa per il culo, ma con una bega in meno da sbrigare e un documento in più che mi identifica come una persona vera in questo strano paese in cui vivo.

Thursday 5 June 2014

Parole in libertà

OK questo che e' un progetto che ho in capo da un po', ma che non ho ancora iniziato, un po' per pigrizia, un po' per mancanza di tempo e un altro po' perché non sono un'opinionista. A me piace raccontare i fatti a mo' di cronica, magari in chiave ironico/sarcastica, ma raramente spargo giudizi e opinioni qui e li. Eppure voglio provare a vedere che ne viene fuori se mi metto, per divertimento, a fare review settimanali della mia ultima droga televisiva: Game of Thrones (Trono di spade, o simili, per gli amici italiani, che in effetti saranno gli unici a leggere questi potenziali post). Chi mi conosce sa che sono una tragica bimbaminkia mascherata da una mamma quarantenne e che adoro tutto cio' che e' surreale, soprannaturale e fantasy, specie se ci son di mezzo vampiri e cavalieri. Quindi ci provo e vediamo che succede.

Due cose.
Uno: siccome sono indietro 3 stagioni e 7 puntate, inizio dall'ottava della quarta stagione che ho appena visto e poi vedro' di completare l'opera seguendo magari la tempistica con cui le puntate escono in Italia doppiate (so che su Sky gia' le stanno mandando in lingua originale).
Due: per nessun motivo al mondo, pur scrivendo in italiano, mi pieghero' a tradurre i nomi. Non avrebbero dovuto farlo nemmeno i traduttori per conto mio. Chiunque conosce l'inglese abbastanza, al giorno d'oggi, da non necessitare che si traducano Winterfell in Grande Inverno o  Wildlings in Bruti. Via su...  Grande inverno pare piu' uscito da Alice nel paese delle meraviglie che da un libro di Martin.

Siccome questo e' un blog da mamma, ne ho creato un altro. Si chiama "Parole in libertà", che non significa che ognuno ha il diritto di dire la sua opinione, ma che spesso spara cazzate!

Detto cio', si dia il via alle danze.

See you @ Parole in libertà

Wednesday 4 June 2014

...And on the family side

yesterday B came home claiming she's a cowgirl. Here we are... my former little lady...

Turisti a casa

Son tre mesi che sono arrivata e ancora mi sento così precaria e spaesata che ho pensato di dare un taglio netto a questa sensazione e iniziare a essere proattiva.
Allora ho deciso per l'unico approccio che conosco: partire dalla Lonely Planet del Texas e vedere che cavolo offre questo torrida terra di nessuno.
Fare la turista a casa ho sempre trovato sia un ottimo modo per passare il tempo. Posseggo guide della Toscana e di Firenze, guide e mappe di Londra e non capisco come mai non abbia pensato prima a prendermene una anche di qui.
Gli ho dato una sbirciata mentre ero in libreria e mi pare che almeno offra qualche spunto su cosa fare in questa città che pare venuta su totalmente a caso. Tipo oggi mi sveglio e decido di costruire un grattacielo qui nel mezzo di questo spiazzo. Oppure decido di mettere una collezione di quadri di tuttissimo rispetto qui in questo capannone di laminato che pare il garage di casa mia. Mi chiedo cosa gli costava chiedere un progetto a uno studente qualunque di architettura. Di sicuro avrebbe fatto un lavoro migliore. Mica c'è bisogno di invitare Renzo Piano.
Nel weekend però siamo stati alla scoperta del downtown e siamo rimasti abbastanza piacevolmente colpiti dal tentativo urbanistico della zona. Non male, se tarato su Houston. Un po' deserto, ma con qualche posto dove sedersi e rinfrescarsi e larghi marciapiedi per far correre la sorella grande. Abbiamo anche scoperto che c'è un piccolo percorso ombreggiato lungo i canali, un acquario e che tu puoi casualmente imbattere in un concerto.